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Le storie del lago

La canzone delle stelle del Lago di Costalovara

Questa storia si svolge in primavera. In quel momento dell’anno in cui tutte le piante bramano l’infinito, tutti i volti della gente e gli sguardi degli animali si rivolgono verso il sole e verso il cielo punteggiato di pollini. Durante la stagione in cui le foglie verdi crescono addirittura al buio della notte. Nell’agitazione della primavera Costalovara sa già che la bella stagione porta con sé un segreto. Ed è pronta a svelarlo.

Nel bosco l’orologio segnava l’ora della crescita, le lancette avanzavano e un rintocco energico decretò la fine del letargo invernale. Emozione e tumulto si respiravano intorno alle acque dolci. La voglia di movimento era alle stelle. Ed implacabile. Anche il lago cresceva leggermente, arricchito dall’acqua che scendeva dai ghiacciai. Sulle sponde le onde facevano il solletico alle prime dita dei piedi nudi che penzolavano dalle passerelle. La terra prometteva nuova vita. Davanti alle casette attorno al lago la brezza primaverile spazzava via la foschia invernale. La gente rispolverava gli occhiali da sole, li appoggiava sul naso, starnutiva, una volta, e ancora una seconda, mentre gli animi venivano sorpresi da una sensazione meravigliosa. Con le spalle all’indietro e a testa in su, chi passeggiava al cospetto di queste placide acque sentiva scorrere la primavera nelle vene e il battito del cuore accelerare. Conchiglie marine sotterranee, sconosciute anche agli scienziati, ticchettavano giocose con i loro denti. Anche il luccio, il picchio e le formiche erano al lavoro e, seppur Marie ne fosse ancora all’oscuro, sulle sponde del lago si prevedevano momenti emozionanti.
All’inizio della primavera il Lago di Costalovara svelò il suo tesoro più prezioso. Con l’arrivo della bella stagione la moglie del guardaboschi, un’appassionata di giardinaggio più che una guardia forestale, era solita passare il tempo piantando piante acquatiche da tutto il mondo tra le erbe spontanee del lago. In fondo aveva sempre sognato di prendersi cura di un giardino selvaggio a bordo lago e i sogni, notoriamente, vanno realizzati.
Mentre scavava tra il fango intenta a piantare piccoli semini, improvvisamente si ritrovò tra le mani una lastra di pietra di almeno 10 chilogrammi. La bagnò per toglierle il fango di dosso e per vedere cosa si nascondesse sotto quel terriccio. Il caso volle che in quel preciso istante una professoressa di archeologia, che come ogni anno trascorreva la sua estate sul Renon, stesse passeggiando proprio da quel lato del lago. L’archeologa, infatti, si stava concedendo la sua usuale passeggiata mattutina quando al posare lo sguardo sulla lastra di pietra i suoi occhi iniziarono a brillare entusiasti e la sua voce cominciò a tremare dall’emozione. Sulla roccia era inciso un breve e misterioso testo di otto versi in una lingua molto antica. La reazione della professoressa fu la dimostrazione che si trattava di un eccezionale ritrovamento archeologico! Nell’arco di un solo giorno tutta la gente del lago venne a conoscenza dell’esistenza di questo pezzo speciale di storia: “I versi del Lago di Costalovara”. È così che venne chiamato il testo ancora indecifrato. La pietra misteriosa fu l’argomento principale delle settimane a seguire, tanto da comparire anche sulle testate giornalistiche.
In quei giorni di primavera Marie si dedicò al giardinaggio assieme alla moglie del guardaboschi, che nel frattempo era diventata senza volerlo una vera e propria star. All’inizio si sentiva piena di orgoglio quando i passanti le chiedevano cosa avesse scoperto, come e quando. Ma ad un certo punto si ricordò il motivo per cui amava così tanto seminare le piantine ai bordi del lago: perché dondolavano al vento e si allungavano verso il sole, emanavano tranquillità e sapevano stare in silenzio. Da quel momento decise di dedicarsi nuovamente anima e corpo al suo giardino selvaggio attorno al lago e Marie la aiutò senza bisogno di troppe parole.

Solo molto più tardi si scoprì che “I versi del Lago di Costalovara” altro non erano che le strofe di una canzone. Ma non di una ballata qualsiasi. Queste poche righe, infatti, raccontavano una storia che nessuno aveva sentito prima: quella della fossa del lupo da cui il lago prese il nome.
Molto tempo prima, infatti, sull’Altipiano del Renon era stata scavata una fossa per catturare il lupo che si aggirava nella zona. Lo si voleva far affogare nell’acqua, lo si voleva uccidere. Tutti avevano paura del lupo e non solo dopo aver letto la fiaba di Cappuccetto Rosso dei Fratelli Grimm. Eppure l’inquietante animale non si lasciò cacciare tanto facilmente e pur essendo caduto più volte nel fossato, riuscì sempre ad uscirne. Giorno dopo giorno, calata la notte, il lupo ululava al cielo perché si sentiva estremamente solo su questa terra. Nessuno gli dimostrava affetto e per questo era alla ricerca di nuovi amici tra le stelle del firmamento. L’ululato del lupo era talmente forte e lamentoso che presto le stelle si impietosirono e lo portarono con loro nel cielo. E così tutti vissero felici e contenti: il lupo aveva finalmente trovato dei nuovi amici, la gente del posto non doveva più temere e la notte si arricchì di qualche stella luminosa in più.
Questa è la storia raccontata dai versi incisi in una lastra di pietra magica che spiega la nascita del Lago di Costalovara e che è conosciuta come: “La canzone delle stelle del Lago di Costalovara”.