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Le storie del lago

Il sombrero e i mariachi inzuppati

Ci sono giorni in cui i sogni scandiscono il ritmo. E poi lo cambiano.

Appoggia la testa alla scopa e guarda oltre lo specchio d’acqua. Il lago oggi non è azzurro come al solito, ma grigio e marrone. Medita disteso tra gli alberi. Ogni giorno il nonno spazza la terrazza e raccoglie le foglie e i fiori caduti a terra in un gran mucchio dietro al fienile. Poi osserva i colori sprofondare uno nell’altro e diffondere un vapore dolciastro. Lo fa durante gli inverni ventosi, in primavera quando è ancora fresco, lo fa in estate e chiaramente anche quando le foglie cadono in autunno.

La notte scorsa ha sognato la nonna e di quando sono partiti per il Messico. Non sapevano esattamente spiegare perché avessero scelto proprio il Messico, ma entrambi erano sicuri di voler andare lì. Il lago, con tutta la sua vitalità, con gli alberi ripiegati su sé stessi e la corona di nuvole ad avvolgere lo Sciliar, tra verdi libellule e compiaciuti cespi di cavolo nell’orto, è tutto l’opposto del Messico. Succede spesso che le persone cerchino l’esatto contrario di ciò che hanno sempre sotto gli occhi. Fantasticavano pensando ai cactus, all’afa accecante nella quale tutto resta immobile, alle masse di persone pressanti nella confusione dei mercati e a quel pizzico di caducità, mentre ad ogni angolo coperte blu, rosse e gialle svolazzavano nell’aria. Pensavano alle scimmie urlatrici, agli alberi di fuoco e alle tortillas di mais con salsa piccante. Il Messico era esattamente come se l’erano immaginato. Solo un po’ più rumoroso, sgargiante e vitale.

Il nonno osserva Marie e i ragazzi mentre seduti sul pedalò prendono le misure del lago pedalando da una sponda all’altra, ridacchiando e facendo chiasso, come fossero i migliori mariachi al mondo. Due di loro spingono con grinta sui pedali, come se i cavalloni creati dal loro stesso avanzare li inseguissero. Uno dei tre, il nonno non è in grado di riconoscere esattamente chi a causa della sua cattiva vista, si alza in piedi tra le sedie e, urlando, allunga così tanto le braccia verso il cielo da scombussolare l’equilibrio dell’imbarcazione. Tutto comincia ad ondeggiare e il lago inizia a gorgogliare con fare scherzoso. L’aspirante mariachi rema con le mani in aria, canticchia disorientato fino a cadere nell’acqua all’indietro. Gli altri due si mettono a commentare l’accaduto. Trovano il tuffo inaspettato molto divertente, finché uno di loro allunga la mano al bagnante involontario ma, non riuscendo a mantenere l’equilibrio, sbigottito cade a sua volta nell’acqua con un balzo.

Il nonno ride e con la pancia tremante dalla terrazza saluta con la mano i tre mariachi sull’acqua, o più precisamente dentro l’acqua. All’improvviso una raffica di vento si scaglia sui mucchi di fiori, i petali vibrano in tutte le direzioni del cielo e scacciano le nuvole. Ciò significa che bisognerà ricominciare tutto il lavoro da capo. Prima di rimettersi all’opera, il nonno entra velocemente nel suo appartamento per prendere il sombrero appeso alla parete. Di nuovo all’aperto schiaccia il copricapo messicano sulla sua fronte con fare temerario, fa uno schiocco con la lingua, con i piedi disegna dei piccoli cerchi sul pavimento, balla con la nonna immaginaria e con il manico della scopa. Eh già, si sente quasi quarant’anni più giovane. Quattro piccoli anatroccoli ciondolano sull’erba seguendo la loro mamma papera. I tre mariachi remano fino alla sponda del lago, due di loro sono bagnati fradici. Con un battito d’ala due farfalle giallo limone e bianche sbattono le ali ancora più velocemente. Un topolino d’improvviso si sente eletto il topo più veloce del Renon e scappa via in un angolo. Viva la vida! Ándale, ándale!