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Le storie del lago

Palle e palline

Dormire ancora un po', chiamare a raccolta le nuvole, distribuire qualche fiocco di neve, lasciare che si formi qualche ghiacciolo. I signori Inverno e Febbraio concordano: fanno proprio una bella coppia. Marie, però, è impaziente. Aspetta, aspetta, a dire il vero non sa nemmeno lei bene cosa, ma che qualcosa arriverà, di questo è certa. Quel tanto lo sa.
Solo oggi, che è domenica, febbraio fa le bizze e non vuole far posto alla Primavera, quasi avesse fatto un patto con il signor Inverno chiedendogli di fermarsi ancora un po'. Di disegnare ancora qualche tratto sul lago ghiacciato, di trasformare ancora un po' di rugiada mattutina in cristalli, di... di non andarsene, insomma. Che poi è quello che si chiede agli amici più cari.
Marie però si sente ribollire il sangue. È una settimana che è irrequieta, agitata, palpitante persino. È infatti passata una settimana da quando, mentre tornava a casa da scuola, Marie ha trovato una palla, oppure è la palla che ha trovato Marie, non è molto chiaro come siano andate le cose. Una palla non proprio rotonda e nemmeno proprio piccola. Anzi, tanto grande che Marie non riusciva quasi a tenerla in mano, anche se le sue mani, è vero, non è che siano particolarmente grandi. Marie stava facendo una passeggiata attorno al lago, con gli stivali calciava le piccole protuberanze di ghiaccio che si sollevavano dalla coltre di neve cercando di capire come fossero potute finire lì. Che si fossero arrampicate? "Da dove vieni, pallina di ghiaccio, da dove vieni, pallina di ghiaccio", canterellava fra sé e sé. Il sole si rifletteva nelle piccole sfere e rideva, e anche dal lago provenivano scoppi di suoni e di risa. Tutti sembravano divertirsi, e a Marie prudeva il naso. Era una bella giornata.
Sul lago - dove in estate si ode frusciare il canneto che risplende, verde, mentre in inverno è marrone e muto - il ghiaccio si era rotto e grandi bolle d'aria si sollevavano dall'acqua. Il tutto era piuttosto insolito, e Marie rimase ferma con il naso che continuava allegramente a pruderle. Sempre più bolle si sollevavano in aria, dal buco nel ghiaccio spuntava fuori gorgogliante un vulcano di bolle che andarono a formare una piccola nuvola di bolle di acqua ghiacciata. Sempre più veloci, veloci, sempre di più. Era molto strano. All'improvviso non ci furono più bolle - tre, quattro, cinque secondi di silenzio. Marie trattenne il fiato, si avvicinò leggermente e si chinò: fu allora che il lago sputò fuori qualcosa, e Marie si ritrovò ai suoi piedi la grande palla. Andò così. Il sole continuava a splendere, come se tutto fosse normale, la palla era trasparente, come fosse di vetro. Anzi, era proprio di vetro, come constatò sbalordita Marie. Era di vetro e pesante, e aveva molti piccoli spigoli e superfici in cui era catturato il mondo che veniva riproposto, in piccolo e rovesciato, sul lato opposto.
Sì, tutta quella storia era sorprendente. Marie si portò la palla a casa. Lungo la strada non incontrò nessuno, per cui continuò a chiedersi tra sé e sé cosa stesse succedendo. Anche a casa in quel momento non c'era nessuno, nemmeno il nonno. Così Marie andò in camera sua e adagiò la palla sul letto, poi sotto l'imbottitura del cuscino, poi sotto il letto.
Rimase lì una settimana, sotto il letto. Oggi, domenica, i signori Febbraio e Inverno avevano fatto avanzare le nuvole per starsene ancora un po' tranquilli, e anche i genitori erano ancora a letto, quei dormiglioni. Con un brontolio in pancia, Marie prese in mano la palla.
Era bella, bella e inquietante. Marie passò la mano sui piccoli spigoli smerigliati meravigliandosi dei colori e delle luci, e cercò di guardare sempre più a fondo nella palla. Ne fissò, stregata, lo scintillio. Immagini! Tutto quello scintillio erano piccole immagini! In quella palla viveva un piccolo mondo, e lei poteva vederlo! Marie si spaventò un po', ma non riusciva a smettere di guardare. Pesci, sassi, barche. Vide una vecchia, ma solo di schiena. Vide suo nonno che attirava un uccellino sulla sua mano. Udì un cinguettio, una risata, un trenino sbuffare in lontananza, e lì vide un ragazzino che saltava giù dal treno. Il ragazzino era grande come lei e aveva gli occhi verdi. Occhi verdi chiarissimi, e lentiggini. Saltò giù dal treno come niente fosse e s'infilò nel bosco. Sì, c'era un bosco, e sullo sfondo il lago, il lago di Costalovara. "Come ti chiami?", sussurrò Marie con la palla in mano. Il ragazzino si fermò. Si guardò attorno. Fece il giro dell'albero davanti a cui si trovava, guardò anche attorno all'albero dietro di lui. Marie sussurrò ancora: "Come ti chiami?", e di nuovo il ragazzino sembrò avere sentito. Si guardò attorno, spezzò un ghiacciolo dall'albero, lo portò alla bocca come fosse un gelato e si mise a riflettere. Il suo naso all'insù si aggrottò leggermente. Davanti alla sua palla di vetro, Marie si mise a ridacchiare. Il ragazzino sembrò udire anche questo, a sua volta si mise a ridere e di colpo urlò verso il bosco: "Philipp, mi chiamo Philipp! E qui c'è musica dappertutto! E il bosco e il lago sono tutt'uno, solo te non riesco a vedere!"
Così andò il primo, curioso incontro tra Philipp e Marie. Per il momento, Marie mise via la palla.