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Le storie del lago

Il saggio del lago

Il vecchio pesce siluro passava la maggior parte del suo tempo disteso con la pancia immersa nel fondo melmoso del lago, con gli occhi socchiusi, così che non si capiva se dormisse o meno, mentre il barbiglio volteggiava sulle pietre ricoperte di alghe. Se ne stava così, a farsi massaggiare la schiena dalle correnti fredde tipiche di quella parte del lago, cambiando solo di tanto in tanto posizione con un unico, mirato colpo della pinna caudale. Il suo corpo era ricoperto di ferite, testimoni di vecchie battaglie; la più grande, la cicatrice sopra la branchia sinistra, era la prova che la leggenda che si mormorava tra le carpe non era inventata. La storia della lotta fra il pesce siluro e il pescatore, che veniva raccontata da anni al tramonto, per convincere anche i pesciolini più tenaci a rifugiarsi nelle loro piccole tane. Il pesce siluro era molto vecchio, alcuni dicevano che avesse più di 100 anni, altri che era sempre esistito.
Un piccolo girino, appena uscito da uno delle uova nella massa gelatinosa, sfrecciava vivace a zigzag fra il grande branco dei suoi fratellini, sulla riva del lago. Si vedeva subito che era il più irrequieto di tutti, non aveva paura di andare in profondità e sfiorava a volte le pietre scure sotto le quali riposava il vecchio pesce siluro. “È burbero!” lo mise in guardia uno dei suoi fratellini. “È pericoloso” disse un altro “Non ha mai riso in tutta la sua vita” disse un terzo. “Fai attenzione, ti ingoierà in un boccone” disse sua sorella. Ma la curiosità del girino era più forte della paura.

“Pesce siluro! Siluro! Svegliati!” disse il girino solleticando il barbiglio del vecchio gigante. Dal petto del grosso pesce si levò una voce profonda “Non sto dormendo! Cosa vuoi, piccoletto?” “Nel lago si dice che tu sai tutto, e che hai la risposta a qualsiasi domanda! È vero?” “Sono il pesce più anziano del lago, nessuno qui ha visto tante cose quante ne ho viste io. Ho riso, amato, pianto più di quanto tu potresti anche solo immaginarti con la tua minuscola testolina. Vivo qui da tempo immemore, e ho le risposte a tante domande della vita.” Il piccolo girino danzava eccitato davanti ai profondi occhi neri del vecchio pesce. “Allora sai anche com'è la vita in superficie, con l'aria e il sole, sulla riva? Sai, un giorno avrò delle vere zampette da rana, e potrò saltare! Potrò uscire dal lago! Chissà com'è il mondo là fuori? Tu me lo sai dire?” ma con grande delusione del girino, il pesce siluro rispose con una risata amara. “Frena l'entusiasmo, sciocchino. Sarà la tua fine! Il mondo là fuori è terribile, letale!”

Vedendo l'espressione atterrita del girino, il vecchio pesce siluro iniziò a raccontare la storia del suo incontro con il pescatore “Ero giovane allora, e sempre in cerca di avventura. Mangiavo un insetto pattinatore dopo l'altro, quando all'improvviso sentii un dolore pungente alla branchia, e una forza sconosciuta e potentissima che mi tirava in superficie, verso il sole. Non riuscivo più a respirare, rantolavo, e venivo trascinato verso un grande guscio di legno galleggiante, dove una strana creatura continuava a trascinarmi, come con una specie di sortilegio.”

Il pesce siluro era riuscito a liberarsi solo grazie a un miracolo, con colpi decisi della pinna caudale, e si era tuffato appena in tempo dentro l'acqua, per ricominciare a respirare, salvandosi la vita. Da allora non era più risalito in superficie, era rimasto sempre sul fondo, nutrendosi con quello che trovava. “E nessuno”, disse il siluro “neanche una ranocchia, nella quale anche il girino si sarebbe trasformato un giorno, era mai ritornata dalla superficie.” Ne aveva quindi tratto la conclusione che l'infausto destino a cui era scappato per un soffio toccasse a chiunque osasse avvicinarsi alla superficie. “Là fuori non ti aspetta altro che dolore, amico mio. Credimi, non vale la pena mostrare tutto questo entusiasmo per il mondo in superficie. Goditi i giorni che ti rimangono da vivere qui in profondità, prima che la tua natura ti porti là fuori.”

Il piccolo girino rifletté a lungo sulle parole del vecchio pesce siluro, ma i brutti pensieri furono presto spazzati via dal suo spirito audace e coraggioso e dalla sua fiducia nella bellezza del mondo. Con il tempo crebbe, e gli spuntarono finalmente le tanto attese zampette da rana. Finché venne finalmente il grande giorno, e il piccolo ranocchio si avventurò in superficie, provò a respirare con i polmoni, fece vagare i suoi occhietti sporgenti e mangiò la sua prima farfallina, gracidando felice. Si arrampicò sulla canna più alta per tuffarsi dentro l'acqua. Era iniziata una nuova vita, molto diversa da quella del piccolo puntino nero che nuotava nel fondo del lago. Ma una sera, mentre se ne stava su una foglia di ninfea a rimirare il tramonto e la danza delle zanzare nella luce rossastra, ripensò alle parole del vecchio pesce siluro.

“Siluro, siluro, svegliati!” chiamò la rana “Non sto dormendo. Cosa vuoi, piccolo anfibio saltellante?” “Sono io, siluro, non mi riconosci?” Il vecchio pesce strabuzzò gli occhi. Il ranocchio era tornato, ed era vivo! Gli raccontava di boschi che emanavano un fresco profumo, di grossi mosconi deliziosi, di fiori che galleggiavano sulla superficie dell'acqua, del tepore della luce e della tiepida pioggia d'estate. “Il mondo là fuori è meraviglioso! Volevo che tu lo sapessi”. Il pesce siluro non rispose, ma sotto il barbiglio, sorrideva.

„Guarda nonno!” esclamò Maria, indicando un punto nel lago con un gesto del braccio così agitato che la barchetta su cui si trovavano iniziò a dondolare. “Guarda quel pesce come salta fuori dall'acqua!” Anche il nonno rimase a bocca aperta guardando il grosso pesce che saltava instancabile. “E' incredibile. Sembra quasi che abbia appena scoperto quanto è meravigliosa la vita, ora che è così vecchio. E fa bene: il mondo è davvero un posto meraviglioso.” Strinse la mano della nipotina, mentre sul volto gli si dipingeva un sorriso.